Forse gli europarlamentari che votarono REACH nel dicembre 2006 erano già consapevoli che l'applicazione dei concetti sopra descritti nell'Unione Europea poteva essere estesa, tramite un effetto domino, al resto del mondo o comunque a quei Paesi che manifestavano sensibilità crescente verso le problematiche inerenti la salute dei lavoratori e dei consumatori e la salvaguardia dell'ambiente.
Sono trascorsi oltre cinque anni dalla sua entrata in vigore (1° giugno 2007) e, seppure disponendo obblighi con scadenze differenziate nel tempo per raggiungere la piena attuazione solo dopo l'ultima e più consistente ondata di registrazioni al 31 maggio 2018, ritengo che gli europarlamentari più lungimiranti siano già stati parzialmente gratificati.
Infatti alcuni Paesi extracomunitari hanno realizzato o stanno mettendo a punto dei sistemi normativi "simil REACH" per regolamentare la fabbricazione, l'importazione, l'utilizzo e l'immissione sul mercato delle sostanze chimiche (Cina, Corea del Sud, Russia, ecc.).
Solo qualche giorno fa un'ulteriore conferma della forza "globalizzante" dei concetti basilari di REACH, sopra espressi, quando la "Brazilian Chemical Industry Association" ha invitato il governo brasiliano a proteggere il mercato brasiliano dall'ingresso di prodotti contenenti sostanze estremamente preoccupanti (c.d. SVHC, Substances of Very High Concern) ed in particolare sostanze SVHC soggette alla procedura di autorizzazione ed incluse nell'Allegato XIV di REACH.
Si ritiene infatti che la commercializzazione di prodotti, contenenti SVHC, tradizionalmente venduti nel mercato UE possa essere deviata in modo importante verso il Brasile per evitare l'eliminazione delle sostanze "performanti" dai prodotti e soprattutto l'esborso di cifre importanti per la richiesta di un'autorizzazione, tutt'altro che certa, ai sensi di REACH.
Dott. Gabriele Scibilia
Docente di REACH (Facoltà di Farmacia - Università di Pisa)