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Facendo seguito all’ultimo contributo redatto per questa rubrica, Pillole di Reach, questo mese intendo evidenziare che gli importatori italiani di prodotti fabbricati in Paesi extra UE devono rapidamente adoperarsi per verificare la conformità secondo la legislazione comunitaria presso i fabbricanti al fine di evitare:

  • blocchi/sequestri in dogana,
  • sanzioni di varia natura (CLP, REACH, IMDG Code, …), e
  • una business discontinuity.

 

Ricordo che le merci non unionali destinate al mercato dell’UE o destinate all’uso o al consumo privato nell’ambito del territorio doganale dell’UE sono vincolate al regime di immissione in libera pratica.

L’immissione in libera pratica conferisce alle merci non unionali lo status doganale di merci unionali e comporta:

  1. la riscossione dei dazi dovuti all’importazione in Italia;
  2. la riscossione, se del caso, di altri oneri imposti su talune merci;
  3. la cogenza di restrizioni o divieti stabiliti nel territorio dell’UE;
  4. l’espletamento di altre attività formalizzate relative all'importazione delle merci in UE.

 

A questo proposito è opportuno segnalare l’art.28 del Regolamento (UE) 2019/1020 relativo al rifiuto dell'immissione in libera pratica di un prodotto da parte dell’autorità di vigilanza (ADM all’importazione).
In pratica, quando un prodotto:

  • comporta un rischio grave, o
  • non può essere immesso sul mercato in quanto non conforme al diritto dell'UE ad esso applicabile (si veda la normativa armonizzata in allegato I al Reg. (UE) 2019/1020),

si applica il rifiuto dell’immissione in libera pratica e quindi non si rende disponibile all’importatore.

 

L’esito negativo del controllo determina l’inserimento della seguente dicitura nel sistema informatico doganale e, se del caso, nella fattura commerciale che accompagna il prodotto e in qualsiasi altro documento di accompagnamento pertinente:
«Prodotto non conforme — Immissione in libera pratica non autorizzata — Regolamento (UE) 2019/1020».

 

Importare prodotti chimici conformi alla legislazione vigente nell’UE è oramai un must ed implica una verifica di “compliance preventiva” presso il fabbricante extra UE per quanto riguarda:

  1. l’etichettatura di pericolo CLP degli imballaggi contenenti la sostanza o la miscela pericolosa;
  2. la disponibilità della scheda dati di sicurezza della sostanza o miscela pericolosa redatta secondo l’allegato II di REACH oppure di informazioni congrue per redigere tale scheda;
  3. l’omologazione degli imballaggi, la loro marcatura ed etichettatura secondo le regolamentazioni tecniche del trasporto di merci pericolose;
  4. la registrazione, l’autorizzazione o la restrizione delle sostanze importate, in quanto tali o contenute in miscele
  5. le prescrizioni contenute in altre normative comunitarie applicabili alle sostanze (PIC - Reg. UE 649/2012, precursori di droghe - Reg. CE 273/2004 - Reg. CE 111/2005, precursori di esplosivi - Reg. UE 2019/1148, conflict minerals - Reg. UE 2017/821, ecc.).

 

Voi effettuate le verifiche di compliance prima di acquistare i prodotti chimici da fabbricanti basati in Paesi extra UE?

 

Per commenti, osservazioni ed esperienze sull’argomento potete scrivermi.

 

Dott. Gabriele Scibilia

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