Questo mese ritengo opportuno portare all’attenzione dei lettori la sentenza della Cassazione Penale Sez.3 n° 1454/2024 che, al netto delle considerazioni di natura puramente legale, annichilisce il regolamento quadro della chimica nell’UE ovvero il regolamento (CE) 1907/2006 (REACH) per quanto riguarda le motivazioni di carattere regolatorio espresse nell’atto.
La sanzione penale
L’impresa coinvolta nella vicenda aveva:
L’organo di vigilanza aveva accertato un contenuto di toluene nella colla eccedente il limite di concentrazione imposto dalla restrizione voce n°48 dell’allegato XVII del REACH:
La sanzione penale comminata al trasgressore era relativa alla violazione delle restrizioni REACH di cui all’art.16 del D. Lgs. 133/2009:
Le motivazioni regolatorie per l’annullamento della sanzione
L’impresa che ha riconfezionato la colla in tubetti non riveste, secondo quanto riportato nella sentenza, nessuno dei ruoli definiti dal REACH ed indicati all’art.16 sopraindicato, pertanto, non è soggetta alla sanzione penale prescritta dal D. Lgs. 133/2009.
E con questo assunto si concretizza, a livello nazionale, uno storico scontro frontale con la legislazione comunitaria.
Infatti, la guida ECHA “Orientamenti per gli utilizzatori a valle” (versione 2.1 Ottobre 2014) al par. 2.1.2, tabella 7, riporta che:
L’impresa che riconfeziona una miscela (la colla) si configura perciò come “utilizzatore a valle” che è compreso tra attori della catena di approvvigionamento indicati all’art.16 del D. Lgs. 133/2009 ed è quindi oggettivamente sanzionabile per violazioni alle restrizioni imposte dall’allegato XVII del REACH.
La buona fede dell’utilizzatore a valle/riconfezionatore
Il riconfezionamento di una miscela pericolosa prodotta da terzi in tubetti a proprio marchio non esenta l’impresa da responsabilità nell’immissione sul mercato di tale miscela:
È chiaro che l’impresa riconfezionatrice non poteva essere a conoscenza della presenza di toluene nella miscela se non dichiarato dal produttore nella sezione 3.2 della scheda dati di sicurezza, tuttavia, considerata la distribuzione capillare dei tubetti di colla fino al rivenditore al dettaglio, avrebbe potuto tutelarsi contrattualmente richiedendo esplicitamente la piena conformità alle disposizioni del CLP e del REACH proprio perché la colla veniva immessa sul mercato a proprio marchio. In questo modo l’azione risarcitoria ex post nei confronti del produttore sarebbe stata molto più incisiva.
Conclusioni
Per quanto sopra espresso la sentenza della Cassazione Penale n°1454/2024 ha incrinato in modo formidabile le nostre certezze regolatorie, pertanto, d’ora in poi quanto disposto dal CLP e dal REACH potrà essere oggetto di una valutazione puramente legale che potrebbe anche sovvertire gli obblighi delle suddette legislazioni comunitarie.
Preoccupante.
Qual è la vostra opinione?
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Dott. Chim. Gabriele Scibilia
Docente in Master di II livello in Sviluppo sostenibile e cambiamento climatico (Università di Pisa)