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Scritto da Dott.ssa Laura Saviano (Kemis)
L’affidamento dei rifiuti speciali: fidarsi è bene ma tutelarsi è meglio!
La gestione illecita dei rifiuti non è solo ecomafia e fatti eclatanti
Quando si parla di gestione illecita del rifiuto, la maggior parte delle imprese che generano rifiuti, i cosiddetti produttori iniziali come definiti all’art. 183 del D.Lgs. 152/06, tende a liquidare il problema con la parola Ecomafia, sentendosi automaticamente non coinvolta in prima persona nella questione illegalità. Forse non tutti ce ne siamo ancora accorti, ma in realtà anche le aziende che cercano ancora onestamente di mandare avanti la loro attività produttiva, incorrono, non intenzionalmente, nel rischio di coinvolgimento in attività illecite poiché, in quanto produttori, sono responsabili per legge anche di verificare come il rifiuto viene gestito dal trasportatore e dal destinatario finale. Incredibile? ma vero…
Chi resta con il cerino in mano, perde: è un gioco che non vale per i rifiuti!
Spesso il produttore è tranquillo quando il rifiuto passa nelle mani del trasportatore e questi a sua volta tira un sospiro di sollievo quando giunge a destinazione! “Tanto qualcuno che non sono io rimarrà con il cerino in mano”. Ma la gestione del rifiuto non è uno scaricabarile.
Il sistema di trasporto ideato dalla normativa è fatto in maniera tale che la vita del rifiuto risulti tracciabile dalla nascita (produttore) alla morte (destinatario finale).
Il primo anello della catena è sempre chi produce
I controlli spesso sono effettuati a partire dai luoghi di produzione o, se non partono da lì in prima battuta, ci si arriva dopo se, a seguito di un controllo, viene fermata su strada una “corsa irregolare” di rifiuti. Il ruolo dei produttori è quindi fondamentale nella filiera dei controlli poiché essi sono considerati dalla normativa i primi veri responsabili da cui parte la gestione del rifiuto. E’ necessario dunque essere preparati a gestire in particolare l’affidamento dei propri rifiuti a soggetti terzi se non si vuole essere accusati (peggio ancora condannati) per concorso nella commissione di reati. Come se non bastassero le forti responsabilità che già oggi il D.Lgs. 152/06 assegna al produttore, entra in scena il mese scorso una novità che probabilmente rafforzerà ancor di più la responsabilità di chi genera il rifiuto…
Un recente disegno di legge sembra non voler lasciare scampo
Solo tre mesi fa è entrato in vigore il secondo correttivo del Testo Unico Ambientale e già si parla di riformulare l’articolo 188 del D.Lgs. 152/06 al fine di estendere e rafforzare la responsabilità delle imprese produttrici: la prima modifica proposta dalla nuova Legislatura al "Codice ambientale" attraverso un disegno di legge del 29 aprile 2008 ed ora all'esame del Senato prevede una responsabilità delle imprese fino al momento del corretto smaltimento dei propri rifiuti pericolosi, estesa e rafforzata in via solidale con i soggetti terzi che provvedono materialmente al trasporto ed alle successive operazioni di gestione.
“Non devo per caso anche mettermi a pedinare il trasportatore?”
Mi è stato simpaticamente replicato così qualche giorno fa durante un corso di formazione che ho tenuto sulla gestione dei rifiuti speciali. La risposta è no, per fortuna! Esistono altri modi, meno costosi di un investigatore privato, che l’impresa produttrice del rifiuto può e deve adottare per assicurarsi che il rifiuto segua il suo lecito percorso. C’è una ragione precisa che detta questa necessità: non è invocabile la buona fede.
Ci sono colpe non scusabili
Nell’affidamento dei propri rifiuti a soggetti terzi non autorizzati, ci sono colpe non scusabili….come dire che la legge non ammette ignoranza, ovvero una volta che un provvedimento entra in vigore, e qualcuno, ignorandone l'esistenza, non lo osserva, ne deve subire le conseguenze, non essendo ammesso a provare di essersi trovato nella materiale impossibilità di prenderne conoscenza. Questo principio che mira a precludere possibili scappatoie a persone di pochi scrupoli, fa sentire tutto il suo peso al produttore dei rifiuti speciali.
Purtroppo non si può dire “non lo sapevo”
A tal proposito è molto esplicativa una sentenza della Corte di Cassazione dell’ 11 maggio 2007 (n. 18030). Una società riceveva rifiuti da un’ impresa di confezionamento pellami senza essere autorizzata alla gestione dei codici CER conferiti. La Cassazione confermava la condanna impartita dal Tribunale di Treviso nei confronti del legale rappresentante dell’impresa produttrice del rifiuto, sottolineando: “Si configura un responsabilità personale per omesso controllo relativamente al possesso dell’autorizzazione” e aggiungendo “Stante il carattere evidente e la natura elementare dell’adempimento richiesto, consistente nell’acquisizione del candidato ricevente dell’atto autorizzatorio e nella semplice lettura dello stesso, il Tribunale ha valutato le circostante addotte dal ricorrente a sostegno della propria buona fede come non idonee ad escludere la colpa”.
L’onere maggiore è la scelta consapevole di chi il rifiuto ce lo deve portar via
Tra gli oneri posti a carico del produttore, il maggiore è costituito dall’individuazione del soggetto idoneo a cui affidare i rifiuti prodotti. Per soggetto idoneo si intende un soggetto dotato di tutte le autorizzazioni o iscrizioni richieste dalla legge per poter svolgere una o più fasi della gestione. Al momento dell’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, i soggetti che si iscrivono vengono inseriti in determinate categorie e classi in funzione dei rifiuti che intendono gestire (che vengono espressamente indicati mediante designazione dei CER) e della quantità complessiva che intendono trattare.
Anche i produttori possono dettare le regole del gioco
Vista la responsabilità che vige in capo al produttore e che perdura fino a quando i rifiuti non arrivano a destinazione, è facile comprendere come chi a dettare le regole del gioco può e deve essere anche l’impresa che genera e conferisce il rifiuto e non solo chi se ne fa fisicamente carico per portarlo via. Come funziona nella pratica questo consiglio?
Tre verità assolute
Verità numero uno: il rifiuto subisce passaggi e trasferimenti tra soggetti diversi. Ciascuno di essi opera con obiettivi di interesse economico diverso e con diversa propensione al rispetto delle leggi e dell’ambiente.
Verità numero due: il trasportatore non può affermare e sottoscrivere che si assume tutte le responsabilità della gestione del rifiuto, anche quelle che spettano al produttore, applicando per questo una tariffa più alta. Esistono obblighi extracontrattuali e i doveri e gli obblighi che il produttore deve rispettare sussistono per legge a prescindere da ciò che nel contratto viene sottoscritto.
Verità numero tre: La responsabilità penale è personale e non può essere delegata al trasportatore nemmeno sulla base di contratti civilistici.
Una soluzione a cinque passi dove i doveri sono anche diritti
Primo passo: La classificazione del rifiuto è responsabilità unicamente del produttore e non del trasportatore. Chi produce il rifiuto non deve affidarsi ad occhi chiusi al trasportatore per l’assegnazione del codice CER perché a questi, per gli interessi economici in gioco o per pura comodità di gestione, potrebbe convenire assegnare un codice CER piuttosto che un altro, commettendo e facendo commettere falsa dichiarazione. E’ diritto del produttore imporre la propria classificazione del rifiuto (eseguita a rigor di logica e secondo le leggi in vigore) al trasportatore e non viceversa, con il dovere di mettersi alla ricerca di alternative valide ove il trasportatore non sia autorizzato a gestire il codice CER assegnato.
Secondo passo: siccome il produttore non deve inviare in spedizione i propri rifiuti senza rivolgersi ad un trasportatore autorizzato ed accertarsi che lo sia per la tipologia di rifiuti che intende conferire, è suo diritto chiedere e farsi rilasciare dal trasportatore copia dell’autorizzazione per verificare che sia valida, ovvero non scaduta, non revocata, non sospesa. E’ opportuno pertanto anche accertarsi del pagamento dei diritti annuali di iscrizione. L’omissione di tale pagamento comporta infatti la sospensione d’ufficio dell’autorizzazione.
Terzo passo: il produttore non deve solo assicurarsi del trasporto regolare ma anche della corretta destinazione del rifiuto. E’ suo diritto farsi indicare esattamente dal trasportatore il sito finale verso il quale ha deciso di indirizzare i rifiuti (informazione che può vedere anche dal formulario), contattarlo ed appurare che sia effettivamente legale ed in possesso di autorizzazione ad accettare il rifiuto conferito.
Quarto passo: il produttore è responsabile di ciò che sottoscrive nel formulario. Nel caso in cui il formulario sia compilato dal trasportatore, è suo dovere verificare la veridicità e completezza delle informazioni ivi contenute ed è suo diritto esigere la riemissione del formulario prima di apporre la propria firma per apportare modifiche ritenute necessarie o maggiormente rispondenti al vero.
Quinto passo: Il trasportatore deve attestare la consegna del carico di rifiuti inviando al produttore la IV copia del formulario entro tre mesi. Il produttore ha tutto il diritto di sollecitare il trasportatore e chiedergli conto e ragione dei propri rifiuti, con il dovere di presentare denuncia alla Provincia Competente in caso di mancata ricezione del documento entro il tempo indicato, perché il suo rifiuto, spedito verso un sito regolare di smaltimento o recupero da lui scelto, non è verosimilmente mai arrivato in loco.
Allora sì che il produttore potrà realmente dire “che colpa ne ho?”
Che tutti questi passaggi fedelmente seguiti possano dimostrare la reale chiusura lecita del ciclo di vita di un rifiuto non mi sento sinceramente di dirlo, ma sicuramente rappresentano la modalità attraverso la quale il produttore può ritenersi libero da rischi di sanzioni penali ed amministrative per condotte illegittime altrui perché la sua condotta attiva di controllo e vigilanza dimostra la propria onestà e testimonia materialmente, di fronte ad eventuali controlli, la volontà di evitare la realizzazione degli illeciti o il loro proseguimento.
Dott.ssa Laura Saviano
Studio KEMIS