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Scritto da Dott.ssa Laura Saviano (Kemis)
Codice CER: chi deve assegnarlo, come, con quali rischi e criticità
Una cosa ben diversa da una pura pratica formale I codici CER assegnati ad uno stesso rifiuto evidenziano spesso una certa disomogeneità. Una parte delle incongruenze che si riscontrano va certamente attribuita alle difficoltà oggettive insite nel compito di attribuzione del codice non sempre certo ed univoco, ma un’altra parte è talvolta riconducibile a difetti di valutazione tecnica ed interpretazione normativa. Questo genera spesso un disordine e una confusione che non aiuta il produttore al corretto adempimento dei propri obblighi. Eppure il Catalogo CER dovrebbe essere una nomenclatura di riferimento con una terminologia comune per tutta la Comunità Europea…
Tentiamo allora di fare un po’ di chiarezza sul tema, indicando come codificare correttamente i rifiuti ai sensi del D.Lgs. 152/06 e quali sono gli errori da evitare.
Perché prendersi il disturbo Ebbene, sì! “
Perché”? si chiedono in tanti.
E’ dunque necesssario sapere che il primo passo per una corretta gestione operativa e amministrativa dei rifiuti è la loro corretta ed accurata classificazione, indispensabile per essere certi di gestire correttamente il rifiuto anche in tutte le fasi successive, dalla tenuta dei documenti amministrativi (registri di carico/scarico e formulari) alla gestione del deposito, del trasporto e dello smaltimento. E' in quest’ottica che si inserisce il codice CER poiché il primo presupposto per la classificazione dei rifiuti è proprio la sua corretta attribuzione, ai sensi del D.Lgs. 152/06 (norma quadro di riferimento in materia ambientale) e tale attribuzione è uno dei compiti obbligatori che ricade in capo al produttore.
Le criticità son sempre dietro l’angolo La procedura di attribuzione del CER che vedremo più avanti è teoricamente corretta ma, per quanto apparentemente banale, non sempre convince sul piano pratico.
Sotto il profilo tecnico ed interpretativo si manifestano infatti evidenti criticità.
Non è sempre possibile individuare un codice certo, univoco e preciso Non è sempre immediato identificare l’attività produttiva da cui si genera il rifiuto. L’elenco CER ha infatti il merito di associare alla descrizione di ogni rifiuto anche le informazioni relative al processo dal quale viene generato, però nello stesso tempo questo maggior numero di informazioni porta ad avere un gran numero di codici che spesso possono generare confusione.
Ad esempio a scarti identici dal punto di vista chimico-fisico vengono attribuiti diversi codici se originati da processi produttivi diversi. La plastica, per dirne una, può essere classificata con il codice 170203 se deriva da demolizione di costruzioni, con il codice 150102 se si tratta di imballaggi oppure con il 191204 se deriva dai trattamenti meccanici operati sui rifiuti.
L’assegnazione CER non deve avvenire sulla base della descrizione Alcune volte capita che l’assegnazione avvenga erroneamente sulla base della descrizione del rifiuto (le ultime due cifre, categoria) e non, come dovrebbe essere, della provenienza (le prime due cifre, classe).
La scelta del codice deve prescindere dalle autorizzazioni altrui Alcune volte il codice CER si rivela un impedimento al conferimento del rifiuto ad un trasportatore prescelto perché quest’ultimo non è autorizzato a gestire il codice CER attribuito. Ecco allora che in questi casi nella pratica avviene il procedimento inverso: piuttosto che attribuire il codice sulla base dell’origine del rifiuto lo si attribuisce sulla base di quelli che il trasportatore è autorizzato a gestire. Questo può avere implicazioni di carattere economico oltre che non essere corretto dal punto di vista legislativo e procedurale. Vediamo il perché con un esempio.
Non solo sanzioni… Pensiamo a quando di fronte ad un codice CER con voce a specchio, viene assegnato per comodità il codice CER asteriscato indicante rifiuto pericoloso piuttosto che procedere ad un’analisi chimica. Questa è una delle prassi più comuni alle quali assistiamo. Che cosa si rischia?
Si rischia la preclusione dalla possibilità di dimostrare con un’analisi l’assenza di pericolosità del rifiuto dovendo sopportare così più alti oneri economici e gestionali. E’ noto a tutti che il costo di smaltimento dei rifiuti pericolosi è maggiore di quelli non pericolosi, salvo particolari accordi commerciali, con tutte le differenti implicazioni che ne derivano per la gestione, dal deposito alla tenuta dei documenti.
Di qui allora, stante anche le implicazioni economiche, deve nascere nel produttore l'interesse oltre che l’obbligo di determinare correttamente la natura dei rifiuti prodotti eseguendo anche una ricerca analitica degli inquinanti ove necessario, perché gestire correttamente il rifiuto in tutte le sue fasi significa spesso risparmio.
Solo ai rifiuti viene applicato il CER Chiariamo anzitutto che il ragionamento secondo cui “
se questo prodotto si trova nell’elenco CER allora è un rifiuto” è errato e deve essere modificato in “
se questo prodotto è un rifiuto devo assegnare l’adeguato codice CER”.
Ciò significa che il primo passo è verificare che la sostanza prodotta o gestita sia configurabile come rifiuto, ovvero che sia una sostanza o un oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.
Questa valutazione è fondamentale in quanto solo ai rifiuti viene applicato il CER e l’inclusione di un determinato bene nell’elenco dei codici CER non significa che tale materiale sia un rifiuto in ogni circostanza.
Quando l’incarico è affidato a terzi… Il legislatore ha ragionevolmente presupposto che sia il produttore a conoscere più di altri il processo, le trasformazioni e le materie prime che danno origine al suo rifiuto. Ecco perché ha imposto che sia lui a classificare gli scarti di cui deve disfarsi. Nella pratica però questo non accade quasi mai: il titolare non si dedica alla codifica dei propri rifiuti né ha personale interno dedicato. In alcune realtà aziendali (gran parte delle imprese) quindi può capitare che l’assegnazione del codice CER venga affidata a terzi: il consulente ambientale di fiducia, il trasportatore che prende in carico i rifiuti oppure l’impianto destinatario.
…il produttore a cosa deve prestare attenzione? E’ fondamentale, viste le responsabilità in gioco, che il produttore si accerti della scrupolosità con cui viene eseguita la classificazione dei rifiuti. Ad esempio se il lavoro del professionista incaricato non includesse una visita sul sito di produzione, una indagine accurata sulle modalità di formazione dello scarto e sulle materie prime utilizzate, potrebbe esserci un ragionevole dubbio sulla sua completezza e correttezza.
Diverse aziende di trasporto o trattamento, inoltre, già da qualche anno, hanno realizzato un sistema con il quale eliminano l’impegno e la necessità del sopralluogo e delle indagini, consegnando alla ditta un modulo da compilare: si tratta di una scheda di caratterizzazione del rifiuto in cui il produttore rilascia una serie di dichiarazioni sul proprio rifiuto. Spesso il modulo è precompilato dal fornitore e firmato dalla ditta committente.
In questo caso è importante prestare attenzione a ciò che si dichiara poiché il produttore sottoscrive di assumersi ogni responsabilità in caso di dichiarazioni infedeli e questo sarebbe anche in linea con le leggi vigenti agli occhi di un eventuale giudice...
Prima di addentrarci nel vivo della procedura di assegnazione del CER, chiariamo alcuni concetti generali di base.
Rifiuti speciali e codici CER: di cosa stiamo parlando? Ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, i rifiuti sono classificati (art. 184) in base alla loro origine (distinguendo tra rifiuti urbani e rifiuti speciali) e sulla base delle caratteristiche di pericolosità (distinguendo tra rifiuti pericolosi e non pericolosi).
In via del tutto generale ed esemplificativa, possiamo affermare che tutti i rifiuti prodotti da un insediamento industriale sono rifiuti speciali.
Da un punto di vista operativo, il legislatore ha introdotto uno specifico elenco (Catalogo Europeo Rifiuti), ai sensi della decisione 2000/532/CE e successive modificazioni, all’interno del quale, in base alla tipologia d’attività, ogni rifiuto trova una sua precisa collocazione.
L'elenco di tali codici identificativi (denominato CER 2002) è allegato alla parte quarta del D.lgs. 152/06 ed è articolato in 20 classi ognuna delle quali raggruppa rifiuti che derivano da uno stesso ciclo produttivo.
Il codice numerico di 6 cifre A ciascun rifiuto viene assegnato un codice numerico di 6 cifre.
Ciascuna coppia di numeri identifica:
a) Classe: settore di attività da cui deriva il rifiuto
b) Sottoclasse: processo produttivo di provenienza
c) Categoria: nome del rifiuto
Esempio di codice CER:
Classe 06.00.00: Rifiuti dei processi chimici inorganici;
Sottoclasse 06.09.00: rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti fosforosi e dei processi chimici del fosforo
Categoria 06.09.02: scorie fosforose
Come procedere all’assegnazione La procedura precisa e articolata che aiuta ad assegnare correttamente i codici CER ai rifiuti è individuata nell'Allegato D del D.Lgs. 152/2006. Essa deve essere sempre applicata con molta attenzione, rispettando la sequenza operativa prevista. In linea generale, per codificare un rifiuto si devono rispettare criteri precisi in un ordine preciso:
a) Bisogna dapprima individuare il processo produttivo da cui si origina il rifiuto: in questo modo si identifica la prima coppia di cifre (classe).
b) Poi individuare la specifica fase della attività produttiva da cui si origina il rifiuto: da qui si identifica la seconda coppia di numeri (sottoclasse).
c) Infine caratterizzare il rifiuto individuando la sua descrizione specifica ed identificando così le ultime due cifre (categoria).
Da questa procedura consegue, per fare un esempio, che un rifiuto costituito da sacchetti in plastica non può essere codificato con CER 170203 (plastica da demolizione e costruzione) poiché questo identifica la classe dei rifiuti generati dalle operazioni di costruzione e demolizione edilizia ma sarà da codificare con il codice 150102 che identifica i rifiuti di imballaggio in plastica.
I quattro passi da seguire nei meandri delle 20 classi Nel rispetto della normativa vigente che riportiamo testualmente nei 4 passi che seguono, per identificare un rifiuto nell’elenco CER occorre procedere in questo modo:
• Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99. Nota: I rifiuti di imballaggio oggetto di raccolta differenziata (comprese combinazioni di diversi materiali di imballaggio) vanno classificati alla voce 15 01 e non alla voce 20 01.
• Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto.
• Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16.
• Se un determinato rifiuto non é classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all’attività identificata al punto 2.
Rifiuto pericoloso o non pericoloso? Non si stabilisce a discrezione Non sempre è necessaria un’analisi chimica ma non sempre è evitabile. Per stabilire la pericolosità di un rifiuto, la normativa e l’elenco dei codici CER indica due strade alternative:
1. Alcune tipologie di rifiuti (con codice CER asteriscato) sono classificate come pericolose fin dall’origine. In questo caso è la normativa che stabilisce di classificare inequivocabilmente come pericolosi alcuni rifiuti sulla base del ciclo produttivo di provenienza in quanto per il legislatore non vi sono dubbi che possiedano caratteristiche chimico-fisiche o sostanze pericolose in quantità significative.
2. Per altre tipologie di rifiuti è prevista una voce speculare (codice senza asterisco per il rifiuto non pericoloso e codice con asterisco per il rifiuto pericoloso). Questa tipologia di rifiuti riguarda quegli scarti che in base al processo di lavorazione possono o meno contenere sostanze classificate come pericolose in quantità significative. In tal caso è necessario che il produttore del rifiuto proceda ad un prelievo e ad un’analisi chimica di un campione rappresentativo di rifiuto per stabilire se la concentrazione di sostanze pericolose che vengono rilevate superano i limiti di legge, tale da classificare il rifiuto pericoloso ed attribuire il CER con asterisco.
Esempio di rifiuto con codice a specchio che necessita di analisi chimica • Classe 10.00.00: Rifiuti prodotti da processi termici
• Sottoclasse 10.02.00: rifiuti dell'industria del ferro e dell'acciaio
• Categoria pericolosa 10.02.07 *: rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
• Categoria non pericolosa 10.02.08: rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 07
In questo caso il rifiuto solido sarà pericoloso solo se le sostanze di cui è composto avranno concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti di legge, ad esempio se vi è “
una o più sostanze classificate come tossiche in concentrazione totale maggiore o uguale al 3%” (vedasi allegato III della Direttiva 91/689/CEE). Questo comporta l'onere per il produttore di verificare, attraverso analisi chimiche, se il rifiuto, da lui prodotto o gestito, contiene certe sostanze ed in quali concentrazioni. Questo è molto importante al fine di evitare, nel corso di eventuali indagini, la scoperta di falsa attribuzione dei codici CER. E' il caso dei rifiuti pericolosi ai quali viene assegnato un codice CER non pericoloso consentendo, illecitamente, di gestire quel rifiuto secondo procedure più semplificate e con maggiori guadagni/risparmi.
I CER 99: spesso un’erronea via di fuga I CER che terminano con 99 hanno la descrizione “
Rifiuti non specificati altrimenti”. Essi hanno in comune solo l’appartenenza ad una particolare classe o sottoclasse ma non sono individuate in nessuna categoria specifica.
Spesso si abusa di questo codice per semplicità o comodità quando non si riesce ad individuare un codice CER. La normativa evidenzia invece che mentre le categorie specifiche individuano esattamente un rifiuto con provenienza e caratteristiche univoche, le categorie 99 devono avere solo carattere residuale nella procedura di assegnazione dei codici, ovvero, vanno assegnati “per ultimo e per forza”.
dott.ssa Laura Saviano
dott. Antonello Dimiccoli
Studio Kemis