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Consulenze AmbientaliInquinamento del suolo: cosa fare quando gli inquinanti non hanno un valore limite
Quando bisogna procedere ad attività di accertamento analitico per verificare una potenziale contaminazione, uno dei primi passi che in genere viene compiuto consiste nel prelievo e analisi chimica di suolo sulla porzione di area interessata dall’evento di contaminazione, con lo scopo di accertare se sono state superate le concentrazioni soglia. Il problema parte da qui: la normativa ambientale (D.Lgs. 152/06 e smi), infatti, non ha stabilito valori limite di concentrazione per tutte le possibili sostanze che possono inquinare un sito, ma ha indicato solo i valori limite di quelle sostanze ritenute maggiormente presenti nei suoli contaminati, poiché connesse a molteplici tipologie di attività industriali. Pertanto è possibile ritrovarsi di fronte ad un inquinamento causato da una sostanza per la quale non è stata stabilita alcuna concentrazione massima da rispettare. Cosa fare in questi casi? L'assenza del valore limite è una concessione ad inquinare?


Il criterio di “Tossicologicamente affine”

L’Allegato 5 alla parte IV Titolo V del D.Lgs. 152/06, alla tabella 1 (“Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti”) prevede, al punto 1., che “Per le sostanze non esplicitamente indicate in Tabella i valori di concentrazione limite accettabili sono ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine”.
L’adozione, cioè, del principio dell'affinità tra sostanze inquinanti può condurre all'applicazione di valori tabellari stabiliti per un parametro anche ad un inquinante non direttamente considerato.
La prescrizione suindicata deve essere applicata a tutte le fattispecie inquinanti, poiché conforme e sostanzialmente attuativa del generale principio di precauzione di derivazione comunitaria (così si esprime il TAR LOMBARDIA nella sentenza n. 1738 del 09/10/09).
In linea di principio, è da dirsi che il “criterio di tossicologicamente affine” deve far riferimento sia alle caratteristiche propriamente tossicologiche, sia a quelle di comportamento ambientale.
L’Istituto Superiore di Sanità si è espressa sull’argomento indicando criteri generali per definire i limiti di accettabilità da adottare per le sostanze contaminanti che non sono ricomprese nel Testo Unico Ambientale ma che possono essere presenti in un sito contaminato.
 

Una valutazione in tre step
Nella valutazione tre sono, secondo l’ISS, gli step da affrontare:

1.    si consultano banche dati sia tossicologiche e ambientali, considerando, così, dati disponibili e ritenuti validi a livello scientifico.  Le banche dati più autorevoli, a partire da quella italiana dell’ISS (Inventario Nazionale delle Sostanze Chimiche dell’Istituto Superiore di Sanità) contengono una serie di informazioni utili tra cui: l'identificazione delle sostanze e le caratteristiche chimico-fisiche e di pericolosità; le vie di esposizione, gli effetti sulla salute, le misure di prevenzione e di primo soccorso, gli interventi di mitigazione/eliminazione del rischio; le indicazioni per immagazzinamento, imballaggio, etichettatura e trasporto della sostanza. Alcune contengono anche riferimenti sulla tossicità ambientale.
2.    L’informazione raccolta andrà valutata al fine di estrapolare le informazioni a carattere tossicologico e ambientale significative per definire e classificare le sostanze in esame.
3.    Successivamente andrà confrontata con le caratteristiche tossicologiche e di destino/comportamento ambientale delle sostanze elencate nella Tabella 1 di cui all’allegato 5 alla parte IV del T.U.A., al fine di individuare quella “più affine”.

L'affinità è naturalmente individuata –e lo precisa anche l’ISS- con una certa  approssimazione, in quanto è estremamente difficile poter assegnare alle sostanze comportamenti assolutamente identici.
 

Un possibile criterio alternativo: il valore del fondo naturale
La norma ISO 19258/2005 (Soil Quality – Guidance on the determination of background values) con il termine “contenuto di fondo naturale del suolo” intende la concentrazione di elementi che deriva esclusivamente dai processi naturali geologici e di pedogenesi.
In Italia, la necessità di determinare valori di fondo per il suolo (ma lo stesso vale per le acque sotterranee) ai quali riferire gli obiettivi degli interventi di bonifica e ripristino ambientale era stata stabilita già nel D.M. 471/99 che, all’art. 4, disponeva:
“Per ogni sostanza i valori di concentrazione da raggiungere con gli interventi di bonifica e ripristino ambientale sono tuttavia riferiti ai valori del fondo naturale nei casi in cui, applicando le procedure di cui all'Allegato 2, sia dimostrato che nell'intorno non influenzato dalla contaminazione del sito i valori di concentrazione del fondo naturale per la stessa sostanza risultano superiori a quelli indicati nell'Allegato 3”.
Anche il Testo Unico Ambientale (D. Lgs. 152/06 e smi), prevede l’utilizzo dei valori di fondo quando, all’art. 240, c.1, definisce la Concentrazione Soglia di Contaminazione (CSC):
“CSC:i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto. Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un'area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati”.
 
Questa disposizione stabilisce che quando i valori di fondo sono più alti delle concentrazioni soglia di contaminazione CSC, diventano sostitutivi di queste, sia per terreni che per acque sotterranee. Si ritiene che tale disposizione possa essere utilizzata anche quando non si dispone di valori CSC. Indagando, infatti, sulla qualità della matrice ambientale è possibile verificare se il sito interessato dall'evento in grado di contaminarlo sia qualitativamente in linea con il contesto ambientale in cui si inserisce, stabilendo, in caso contrario, gli obiettivi di ripristino ambientale adottando i valori rilevati nel fondo naturale.
Come stabilito, inoltre, sia dall’ex D.M. 471/99 sia dal vigente D.Lgs. 152/06 e smi (allegato 2 alla parte IV), i campioni di fondo naturale sono definiti come i campioni prelevati da aree adiacenti il sito nelle quali non si ha presenza di contaminazione derivante dal sito.
Pertanto, oltre i prelievi e le analisi da effettuare nel sito interessato dall’evento in grado di contaminarlo, può essere opportuno, prelevare anche campioni di fondo naturale, avendo cura di individuarli in aree non interessate dalla sorgente puntuale dell’evento di contaminazione.


dott.ssa Laura Saviano
Studio Kemis

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